Estinzione di Censi e Livelli (per non uso ventennale o per prescrizione)
ESTINZIONE DI CENSI E LIVELLI
(per non uso ventennale o per prescrizione)
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Articolo del Dott. CASINO Michele Arcangelo
(1 settembre 2017)
Questo articolo rappresenta una rielaborazione sintetica del nostro più ampio e recente studio intitolato "Prescrittibilità di censi e livelli" pubblicato sulla Rivista "NOTARIATO" n.4/2017, Pag. 407 ss., IPSOA; ove più puntuali riferimenti di Dottrina e di Giurisprudenza.
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Quando si parla di censi e livelli si fa riferimento a situazioni giuridiche risalenti a tempi lontanissimi, non più disciplinate dal vigente Codice Civile, ma che comunque ancor oggi hanno estrema rilevanza.
Nelle visure catastali, gli intestatari sono indicati coi propri dati anagrafici e coi rispettivi "diritti e oneri reali" vantati. Si riscontra talvolta che un intestatario venga indicato come titolare del "diritto del Concedente", mentre tutti gli altri come titolari di "livello" o di "enfiteusi".
Il Ministero delle Finanze, nella sua Circolare N.128/T del 2.5.1995, ebbe a precisare che la categoria "diritto dell'enfiteuta" è generica, in quanto a tale diritto sono assimilabili il diritto del miglioratario, del locatore ad meliorandum, del colono perpetuo, ecc...
Attualmente la voce "livello" non è più utilizzata nelle visura, sostituita appunto dalla voce "enfiteusi". Ciò vale sul piano catastale.
Comunque anche sul piano civilistico la Dottrina e la Giurisprudenza dominanti (cfr. da ultimo: Cass. 6.6.2012 n.9135) ritengono che attualmente vi sia equiparazione fra l'istituto del livello e quello dell'enfiteusi, in origine istituti diversi.
Il livello era un rapporto agrario, risultante da un documento scritto (libellus), e consisteva in una concessione di terreno, in genere per lunga durata, contro la prestazione periodica di un canone in natura o in denaro. Tale contratto, di origine romana, ricevette vasta applicazione nel Medio Evo, in cui venne enormemente influenzato dai costumi ed elementi germanici del Feudo.
Il Feudatario o Signore concedeva a un suo suddito una terra (beneficium), affinchè la utilizzasse in proprio, contro pagamento di un canone periodico e l'assunzione dell'obbligo di fedeltà (homagium) e la prestazione di altri servizi (in genere militari).
Il canone era normalmente assai tenue, dato che al Feudatario interessava, più che il canone, l'obbligo di fedeltà e la disponibilità del concessionario a prestare servizi militari; per cui il canone era considerato non tanto come corrispettivo del godimento del fondo, ma piuttosto come simbolo di ossequio e di vassallaggio.
Al livellario veniva conferito un diritto reale di pieno godimento del fondo; a lui veniva normalmente imposto di lavorare direttamente la terra e di risiedere sul fondo.
In origine le concessioni erano revocabili, ma esse successivamente divennero vitalizie ed ereditarie, con libera disponibilità inter vivos e mortis causa.
Orbene, stante il fatto che il concessionario viveva sulle terre concesse ed avesse pienezza dei poteri di utilizzazione e la libera disponibilità inter vivos e mortis causa, stante la durata lunghissima o perpetua del rapporto, stante il fatto che il canone era davvero tenue ed insignificante, era naturale che l'istituto del livello si evolvesse nel senso di considerare il concessionario come il vero proprietario e di considerare il canone come onere reale.
Una sottospecie del livello erano le decime prediali o dominicali, ove il corrispettivo della concessione della terra era costituto da prestazioni periodiche consistenti in una quota (in genere: la decima parte) dei frutti del fondo concesso in godimento.
Anche queste prestazioni costituivano oneri reali sul fondo.
Ben diverso era il contratto di enfiteusi, i cui tratti caratteristici erano: la concessione di un fondo da parte del concedente che restava comunque il dominus anche dopo la stipula del contratto; l'obbligo del concessionario di apportare migliorie al fondo concesso; la lunga durata o la perpetuità del rapporto; la modicità del canone, modicità che trovava la sua giustificazione nel fatto che l'enfiteuta, versando annualmente il canone, riconosceva la sussistenza del dominio diretto in capo al concedente.
Ciò distingueva il canone enfiteutico da quello locatizio, che era invece un canone non modico, ma commisurato alla produttività del fondo.
Per quanto riguarda i censi, ci interessa la figura del "censo riservativo".
Si parlava di censo riservativo quando il venditore, alienando un fondo, si riservava il diritto di riscuotere una prestazione periodica (annua o perpetua) a carico dell'acquirente; la prestazione gravava il fondo come onere reale ed era dovuta anche dai terzi sub-acquirenti, in quanto il censuario, essendo divenuto proprietario del fondo, poteva liberamente alienarlo a terzi.
Nel Medio Evo i rapporti del livello, dell'enfiteusi, della locatio ad longum tempus e di consimili rapporti agrari finirono per perdere la loro identità: i diversi contratti intrecciarono le loro discipline, quantunque ne conservassero - a seconda delle consuetudini locali - i singoli nomi, che venivano però utilizzati in maniera interscambiabile.
Per tale motivo, molti Autori e la Giurisprudenza ritengono attualmente che le varie figure contrattuali si sono confuse e unificate completamente nell'istituto dell'enfiteusi.
Contro tale tesi, il nostro studio ha proposto una serie di argomentazioni di ordine storico, dimostrando che livelli e censi debbano inquadrarsi fra gli "oneri reali".
Il nostro studio espone che, in effetti, nei secoli del Diritto Comune, i Glossatori, sia pure non senza incertezze, esponevano che livello, precaria, enfiteusi e altri simili rapporti agrari stavano sullo stesso piano, tra di essi non vi era alcuna differenza, e tutti potevano essere indicati col termine "contratto enfiteutico", ritenendo che gli altri diversi nomi non fossero altro che connotazioni lessicali utilizzate a seconda delle consuetudini locali.
In tali sensi si pronunciarono, ad esempio, Rolandino Passaggeri (1215-1300), Bartolo da Sassoferrato (1314-1357), Baldo degli Ubaldi (1327-1400).
Sta di fatto, però, che ancora nel Milleseicento, l'eminente giureconsulto venosino Card. Giovanni Battista De Luca (1613-1683), nella sua opera "Il dottor volgare", continuava a rilevare che non vi era identità di contratti, ma solo un uso atecnico, promiscuo e polisemantico del termine "enfiteusi", dovendosi ritenere che il contratto di enfiteusi ricorresse solo quando il concedente continuava a essere sempre considerato il vero dominus del fondo.
Insomma, nel suo processo storico, il termine "enfiteusi" era venuto ad assumere il ruolo di "concetto contenitore", uno schema contrattuale estremamente vasto come generale strumento di concessione fondiaria in cui potevano intravedersi sia i caratteri tipici dell'enfiteusi, sia quelli del livello, sia della locazione ad longum tempus, sia di altri rapporti agrari.
Il tutto come dimostrato dalle ricerche storiche della più recente Dottrina sul periodo del Diritto Comune (cfr. A. Massironi, P. Grossi, U. Bruschi, A.Landi).
Ma quel che più conta è l'evoluzione storica dell'istituto del livello al tempo della Rivoluzione francese e delle "Leggi eversive", a partire dalla famosa legge abolitiva della feudalità (L. 2.8.1806 n.130).
Queste leggi, sulla cui scia si pose pedissequamente il Legislatore Italiano (L. 8.6.1873 n.1389; L. 14.7.1887 n.4727; L. 11.6.1925 n.998), stabilirono che i censi e i livelli e tutte le prestazioni perpetue sulle terre potevano essere affrancate da chi ne era debitore e che le prestazioni in natura potevano essere commutate in prestazioni fisse pecuniarie.
Tali leggi comunque non riguardavano le prestazioni enfiteutiche, ma solo le prestazioni di carattere feudale, e fissarono il rigoroso principio che nel dubbio non si dovesse presumere il rapporto di enfiteusi a meno che ciò non venisse espressamente e chiaramente provato ("nisi expresse et clare probatur"): così puntualmente aveva ordinato Gioacchino Murat col suo decreto 17 gennaio 1810).
Perciò, al fine di stabilire l'esistenza di un rapporto enfiteutico, bisogna tenere distinte le concessioni enfiteutiche da tutte le altre forme di concessioni agrarie, nonchè dalle operazioni di quotizzazione anticipata di terre seminative demaniali.
Insomma, a seguito di tali leggi, i censi riservativi, i livelli e le decime prediali dovevano ritenersi aventi natura di "oneri reali", e in tali sensi si è più volte pronunciata la Magistratura di fine 1800.
Orbene, le Leggi eversive costituiscono la fase più avanzata della evoluzione storica dell'istituto del livello. Infatti, successivamente, l'istituto del livello non è stato più disciplinato dal Legislatore italiano e non è previsto nel Codice Civile del 1942.
La sua disciplina è quindi quella risultante dalla sua ultima evoluzione storica come "onere reale".
Pertanto non pare metodologicamente corretto che l'indagine del Giurista, nello studio dell'istituto, della sua qualificazione giuridica e della sua disciplina, si arresti all'epoca del Diritto Comune e dimentichi la successiva evoluzione storica dell'istituto stesso verificatasi sotto la spinta delle leggi eversive.
In conclusione, pare a noi che, in sintonia con le mutate esigenze della Società del Secolo XIX, l'istituto del livello si è delineato in maniera tale da distinguersi nettamente dall'istituto dell'enfiteusi; per cui ai livelli non si può estendere la disciplina giuridica fissata per l'enfiteusi.
Per i livelli deve quindi valere la disciplina degli "oneri reali".
Il livellario è il vero dominus del fondo, gravato dall'onere reale di "dare" al concedente o chi per lui una prestazione periodica annua o perpetua.
In Dottrina si discute tuttora circa la natura degli oneri reali.
Alcuni Autori li inquadrano fra i rapporti reali; altri fra i rapporti obbligatori.
Un dato indiscutibile è che, ai sensi dell'art.2934 C.C., ogni diritto si estingue per prescrizione quando il titolare non lo eserciti per il tempo indicato dalla Legge.
Imprescrittibile è solo il diritto di proprietà, salvo il verificarsi dell'usucapione (art.948 C.C.).
Nei rapporti di durata, caratterizzati da una pretesa complessiva a singole prestazioni ricorrenti, ciascuna economicamente e giuridicamente autonoma, è soggetta a prescrizione non solo la pretesa alla singola prestazione, ma anche la pretesa all'intero complesso delle prestazioni.
Per la prestazione delle singole annualità, l'art. 2948 n.1 C.C. dispone la prescrizione quinquennale.
Per quanto riguarda invece la prescrizione del diritto all'intero complesso delle prestazioni, gli Autori che riconoscono agli oneri reali il carattere della realità ritengono che, in applicazione dei principi generali, l'onere reale si estingua per non uso ventennale (cfr. art. 1073 C.C. in tema di servitù; art. 1014 C.C. in tema di usufrutto).
Gli Autori che inquadrano gli oneri reali fra i rapporti obbligatori, ritengono a loro volta che si applichi la ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 C.C., tipica di tutti i rapporti di durata.
La estinzione sarà dichiarata dal Tribunale a seguito di una azione di accertamento negativo, con cui l'attore chiederà al Giudice di dichiarare l'inesistenza, in capo al soggetto che appare in Catasto come concedente, del diritto di livello sul fondo dell'attore, per intervenuta prescrizione del diritto stesso.
Aderendo a siffatta nostra ricostruzione, ai livelli non si deve quindi estendere la generale disciplina giuridica dell'enfiteusi, ma quella degli oneri reali; per cui il mercato immobiliare verrebbe ad essere liberato dal presunto vincolo enfiteutico di perpetuo dominio del concedente, verrebbe cioè finalmente liberato dalla evanescente ma ingombrante figura del concedente, normalmente un illustre ignoto deceduto da chissà quanti decenni o secoli, ma che però rischia di sopravvivere in aeternum nelle visure catastali.
Il discorso sin qui fatto vale per i livelli di natura privatistica.
Invece particolarmente delicata è la situazione che si verifica quando nella visura catastale vi è la dicitura "Comune di [.......] - concedente". Può infatti trattarsi di:
1) terreno di uso civico quotizzato.
Trattasi di terreno demaniale che veniva assegnato dal Comune ai coltivatori ai sensi della L. 16/6/1927 n.1766 (Sul riordinamento degli usi civici) con obbligo di pagamento di un canone enfiteutico.
Gli assegnatari avevano il diritto di affrancare il canone, ma, finchè non fosse sia stato l'atto di affrancazione, il terreno restava di natura demaniale e non poteva essere diviso, alienato o ceduto a nessun titolo (art.21 della citata L. 16/6/1927 n.1766), a pena di nullità;
2) terreno di uso civico legittimato.
Trattasi di terreno abusivamente occupato, il cui abusivismo sia stato poi amministrativamente sanato: col decreto di legittimazione veniva imposto un canone di natura enfiteutica; il bene si considerava allodiale e non più demaniale, liberamente alienabile ancorchè gravato dal canone;
3) terreno riveniente da antiche quotizzazioni (precedenti a quelli di cui alla citata Legge n.1766/1927).
Trattasi di terreno assegnato in proprietà al cessionario, gravato dall'onere di pagare un canone periodico e perpetuo;
4) Terreno facente parte del patrimonio disponibile del Comune, dato in enfiteusi ai sensi del Codice Civile: il terreno resta di proprietà del Comune finchè l'enfiteusi non venga estinta per affrancazione (art. 971 C.C.).
In conclusione, il termine "livello" è un termine dotato di profonda equivocità, potendosi esso riferire ad ogni fondo per il cui utilizzo il soggetto possessore sia tenuto ad una prestazione di "dare" o di "fare" periodica e perpetua.
Ove si desideri vedere il fondo libero dal "livello catastale", deve quindi attentamente vagliarsi la situazione, per decidere se occorra procedere ad un atto di affrancazione, ovvero ad una azione di accertamento negativo della sussistenza del canone (nel caso in cui si sia verificata la prescrizione della pretesa al canone stesso).
Dr. CASINO Michele Arcangelo
Si può scaricare e leggere per intero il documento contenente il testo dell'articolo "Estinzione di Censi e Livelli (per non uso ventennale o per prescrizione)" relativo ald una innovativa tesi circa la prescrittibilità di censi e livelli (1 settembre 2017).
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